La Fabbrica dell’Acqua di Firenze: un tesoro nascosto

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Non tutti sanno che la città di Firenze nasconde nel proprio sottosuolo un acquedotto composto da un intricato reticolo di condotte, cunicoli, stanze, serbatoi e gallerie che attraversano la città e l’Arno. Un mondo sconosciuto ai cittadini ma conosciuto dai tecnici del comune e di Publiacqua che quegli ambienti li frequentano e gestiscono. Sono, infatti, parzialmente parte dell’attuale rete idrica della città. Alcune strutture sono ancora in uso dopo quasi 150 anni, altre sono state abbandonate nel tempo e rappresentano frammenti di archeologia industriale di una Firenze della seconda metà dell’800. Una città che, dopo essere stata la capitale temporanea del regno d’Italia, voleva modernizzarsi e allinearsi alle grandi capitali europee.

La Fabbrica dell’Acqua: il primo acquedotto moderno

Tra le varie opere realizzate in quel quarto di secolo, vi è la Fabbrica dell’Acqua. Si tratta il primo acquedotto moderno voluto fortemente dalle istituzioni per assicurare la distribuzione dell’acqua potabile alla città. Sembra assurdo ma fino ad allora, (escluso il periodo etrusco e romano dove era presente in città un acquedotto)  la città si è affidata interamente ai corsi d’acqua, piccoli e grandi, a innumerevoli pozzi sparsi sul territorio pubblico e privato e a sorgenti perenni presenti nella zona di Pian del Mugnone e Fiesole. Questo sistema di sostentamento portò più volte la città sull’orlo del collasso. L’approvvigionamento di acqua potabile, infatti, doveva fare i conti con le continue siccità estive e con le frequenti epidemie di colera.

Le origini: dai mulini alle pompe moderne

All’epoca, nei lungarni prospicienti la Torre di San Niccolò, sorgevano numerosi mulini ad acqua utilizzati per la movimentazione di varie officine e per la creazione del pane da parte dei fornai. Fu in quest’area che vennero innalzati tre grossi capannoni in cui furono alloggiate le pompe che fornivano la spinta all’acqua proveniente dai bacini dell’Anconella in direzione di una primordiale rete idrica potabile cittadina. Originariamente le pompe erano mosse direttamente dalla forza del fiume attraverso i mulini. In seguito furono sostituite da macchine a vapore e infine da motori Diesel. Risale al 1875 la costruzione degli edifici della Fabbrica e delle prime canalizzazioni, comprese le gallerie di pompaggio presenti sotto l’Arno.

I serbatoi: il cuore della distribuzione idrica

La stazione di pompaggio prelevava l’acqua in arrivo dall’Anconella per inviarla ai serbatoi di Carraia, La Querce e Pellegrino. Per decantazione l’acqua diveniva limpida e per caduta arrivava nelle case, nelle fabbriche e nei laboratori della città. Posizionati in fondo all’Erta Canina, i serbatoi di Carraia sono tutt’ora in esercizio e possono contenere fino a 13.000 m3 di acqua. Si tratta di enormi vasche in cui vengono ancora erogati dai 120/200 litri al secondo lungo le direttrici di Pian de’ Giullari ed Arcetri. Dalla parte opposta della città sopra le Cure, più piccolo ma sempre funzionante, c’è il serbatoio della Querce dove già nel ‘500 arrivava l’acquedotto di Montereggi. Poco più in basso, sempre in zona Cure, c’è il serbatoio Pellegrino, il più grande della città, capace di contenere fino a 19.000 m3 di acqua potabile. Oggigiorno il sistema idrico cittadino è rafforzato dalla diga del Bilancino presente nel comune di Barberino del Mugello e da quella della Calvanella nel Comune di Fiesole. Le cronache cittadine riportano un avvenimento eccezionale datato 3 Giugno 1877 in cui la galleria sotto l’Arno venne aperta ad un pubblico di oltre 4.000 fiorentini che attraverseranno il fiume visitando le strutture della Centrale dell’Acqua ad un costo di 25 centesimi a testa.

Declino e abbandono: dagli anni ’60 ad oggi

Tra la fine degli anni ’50 ed i primi anni ’60, i capannoni oramai in disuso della Fabbrica dell’Acqua, vennero abbattuti per lasciare posto ai giardini tutt’oggi presenti in Piazza Poggi. Rimasero integri anche se non più utilizzati, gli ambienti sottostanti dove sono presenti vasche di decantazione, le prese dei mulini con le relative saracinesche e le condotte. Come accennato, al disotto della pescaia di San Niccolò, sono presenti due gallerie parallele lunghe 250 m che attraversano l’Arno in direzione della Torre della Zecca Vecchia. Quella più a monte serviva al drenaggio delle acque in direzione della Fabbrica presente sulla sponda di là d’Arno. Quella a valle, invece, era utilizzata come galleria di servizio in cui correvano due grossi tubi in ghisa con diametro 800 e 1000 mm per il pompaggio delle acque potabili. Con la dismissione della fabbrica, e il relativo abbandono delle attività di monitoraggio e manutenzione, le strutture nel tempo si sono degradate anche a causa di svariate infiltrazioni lungo le condotte che si sono completamente allagate.

aree di accesso fabbrica dell'acqua di firenzeI varchi di accesso alla condotta di servizio sono ubicati in prossimità delle prese dell’acqua sulla sponda di San Niccolò presso i giardini di Piazza Poggi, mentre sulla riva opposta l’accesso si trova lungo il marciapiede del lungarno di fronte alla caserma dei Carabinieri. Nel primo caso si accede agli ambienti sotterranei attraverso una comoda scala mentre nel secondo caso è necessario aprire una grossa botola presente sul piano di calpestio del marciapiede. Entrambe le scale a chiocciola originali, realizzate in pietra serena, e presenti nei due pozzi di accesso costruiti in mattoni, sono pesantemente degradate, pericolanti e pertanto non fruibili.

Un rifugio nella Seconda Guerra Mondiale

Si racconta che nel corso del secondo conflitto mondiale la galleria venne utilizzata da partigiani e cittadini per attraversare l’Arno oramai privo di ponti ed esclusione di Ponte Vecchio che era sotto il controllo dell’esercito Tedesco. Furono proprio i militari a minare la galleria una volta scoperti gli accessi alla condotta. In seguito al conflitto la struttura fu rimessa in esercizio per poi essere abbandonata a metà del secolo scorso per cessato utilizzo da parte dell’acquedotto. In questo periodo post bellico furono anche introdotti dei cavidotti dell’ENEL anch’essi oramai in disuso.

Il futuro: un progetto di recupero e innovazione

Grazie a un accordo tra il Comune di Firenze e la Regione Toscana, sono stati recentemente stanziati 7,5 milioni di Euro per il recupero delle strutture e per la messa in esercizio di una centrale idroelettrica sotterranea sfruttando le briglie e gli ambienti ancora esistenti della vecchia Fabbrica dell’Acqua. Le turbine attualmente in fase di montaggio potrebbero entrare in esercizio già nel 2025, nel frattempo i lavori di recupero delle gallerie sono interessate da attività di ispezione per la valutazione e topografia delle infiltrazioni.

Proprio per questo tipo di attività preliminare di indagine, il Consorzio Sinergia Verde, è stato coinvolto dalla Polygon di Prato, per un intervento con accesso su fune per il taglio e la rimozione di una parte delle vecchie tubature in ghisa diametro 800 mm presenti nel pozzo scala dell’accesso sul Lungarno della Zecca Vecchia.

Le ispezioni: tecnologia al servizio del recupero

In seguito a questa attività è stato possibile calare un robot galleggiante che ha effettuato un video rilievo del degrado interno delle strutture e degli accumuli di depositi all’interno della condotta. L’ispezione è stata svolta con l’accesso da entrambe le sponde, dato che il robot ha rilevato un grosso accumulo di detriti a circa 95 m dall’ingresso di Piazza Poggi. La ditta Polygon ha gestito il pompaggio delle acque presenti nel sito, attraverso grosse idrovore piazzate nel pozzo scala lato San Niccolò, è stato possibile ottenere facilmente l’abbassamento e il controllo del livello dell’acqua presente nella galleria permettendo l’ingresso del robot galleggiante.

In seguito alla raccolta dei dati planimetrici e dei video effettuati dal robot, è iniziata la fase di progettazione per una futura ispezione da parte di personale tecnicamente qualificato. È probabile che il Consorzio Sinergia Verde venga nuovamente coinvolto in queste attività grazie alla presenza all’interno del proprio organico, di tecnici qualificati nei lavori in quota e in sospensione con accesso mediante funi oltre alle competenze nelle attività in spazi confinati e a rischio di inquinamento.

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